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Manutenzione
Questo sito è compreso di forum nel quale un tecnico con oltre 30 anni di esperienza nella costruzione, allestimento e manutenzione delle barche,  risponde alle tue domande per aiutarti a risolvere i problemi in materia.
 
Conosciamo l’osmosi

Cos’è?

E’ un fenomeno fisico-chimico che indica la diffusione di due liquidi miscelabili di diversa concentrazione salina attraverso una membrana permeabile, come appunto lo strato esterno di uno scafo.

Quando è nata

L’osmosi comparve verso i primi anni ottanta, dopo oltre un ventennio che si costruivano barche in vetroresina. I primi a notare questo fenomeno sono stati gli americani, mentre gli studi su queste strane bolle sono stati fatti in Inghilterra e fu attribuito presto il nome scientifico “ OSMOSI “. Sempre in quegli anni cominciò a comparire anche nelle barche italiane, mentre tutti gli addetti s’interrogavano sulle cause, come evitarla e in seguito come curare in modo definitivo la malattia.

 

Come si forma, quali le cause?

Lo scafo di un’imbarcazione costruita in vetroresina è sottoposto a un processo d’invecchiamento fisiologico delle caratteristiche di resistenza e permeabilità.
Uno scafo stratificato di resina con lana di vetro anche se eseguito con grande professionalità e tecnologia, col passare del tempo è destinato ad assorbire umidità. Questo processo è accelerato dall’ambiente marino in cui le barche stazionano, ancor di più in acqua dolce.

Un fenomeno largamente diffuso nelle acque temperate come ai tropici, ma anche in mediterraneo, perché il caldo accelera il processo, rende l’acqua più fluida favorendo le reazioni chimiche, ammorbidisce il gelcoat aumentandone la permeabilità. Ancora di più se la barca staziona in acqua dolce.

Una buona parte delle barche anziane, circa il 25-30%, presenta il fenomeno osmotico.

Le condizioni necessarie affinché si formi l’osmosi sono diverse, in primo luogo è che all’interno della stratificazione siano rimasti spazi vuoti cioè, bolle d’aria nelle vicinanze della superficie esterna, il gelcoat, a causa della lavorazione poco professionale. La protezione della vetroresina dovrebbe essere garantita dallo strato superficiale esterno, il geolcoat appunto. Purtroppo non lo è perché questa vernice, sempre a base di resina, non è del tutto impermeabile, perché spesso è impiegato di scarsa qualità e col tempo, dapprima l’acqua dall’esterno filtra attraverso, fino a riempire gli spazi vuoti prima descritti. In seguito, all’interno della bolla comincia a sciogliere parti di resina poco catalizzata e ad aumentare quindi lo spazio occupato dal liquido infiltrato, fino a spingere la bolla verso la superficie esterna dello scafo, formando così un rigonfiamento esterno del gelcoat, visibile anche a occhio nudo.

Altre cause sono anche l’eccesso di catalizzazione della resina nella stratificazione, e la presenza di sostanze solubili o umidità nella lana di vetro, nella resina o nell’ambiente di lavorazione. Infine lo stato di mantenimento della barca da parte dell’armatore.

Non sempre l’umidità assorbita dalla vetroresina si trasforma in osmosi; c’è, infatti, un raro caso in cui questo fenomeno non avviene ed è quando la lavorazione dello stratificato è perfettamente eseguita e il liquido assorbito dal gelcoat non trova particelle solubili indispensabili affinché si trasformi in osmosi. Si possono notare ugualmente dei rigonfiamenti del gel gelcoat in forme diverse ma non rotonde, piuttosto allungate e in direzioni diverse che interessa soltanto il primo strato di lana di vetro. In questo caso sarà una leggera umidità assorbita dal gelcoat e limita, e se la barca sarà messa in secca per un certo periodo, non sarà percepito neanche dall’igrometro. Non per questo è da considerarsi una barca sana, ma bisognosa di un apposito trattamento di protezione dello stratificato.

Purtroppo l’osmosi è un fenomeno degenerativo che non si arresta spontaneamente, continuerà finché la barca rimarrà immersa nell’acqua, e col passare del tempo vedremo aumentare sempre più il diametro della bolla, perché il liquido osmotico fa aumentare la pressione al suo interno, velocizzando così il processo dell’osmosi. Il fenomeno non si limita alla formazione della bolla verso l’esterno, ma se non è risanata e se la stratificazione della vetroresina lo favorisce, comincia la ben più grave delaminazione di essa.

Quasi sempre però l’osmosi rimane abbastanza superficiale, interessando solamente qualche strato di mat sotto il gelcoat, sempre che non venga trascurata per tanto tempo. Con questo non voglio dire che se ci accorgiamo di qualche bolla possa, in una stagione riempirsi tutta la carena. E’ difficile affermarlo, però è importante intervenire al più presto, anche perché se si tratta di poche bolle in una zona circoscritta, non sarà un grande impegno risanarla. 

A volte si pensa (erroneamente) che lasciando la barca fuori dall’acqua possa scomparire l’osmosi in atto. Anche dopo diversi mesi che lo scafo è in secca, il liquido delle bolle rimane imprigionato, distribuendosi ovunque attraverso la porosità degli strati della vetroresina. In questo modo le bolle saranno meno visibili, ma non per questo la malattia sarà scomparsa.

E’ un sistema poco serio che può essere adottato da chi vende la barca, perché al momento dell’alaggio l’osmosi è ben visibile, mentre lasciandola a terra per qualche tempo per far assorbire e distribuire l’umidità attraverso la capillarità della stratificazione, le bolle saranno quasi scomparse alla vista. A questo c’è d’aggiungere che se lo scafo ha un grosso strato di antivegetativa vecchia e rugosa, le bolle vengono ulteriormente nascoste.

Un altro fattore importante nella formazione dell’osmosi e che pochi considerano è l’asporto continuo del gelcoat causato dalla levigatrice nella manutenzione della carena. Quando si gratta lo scafo per eliminare la vecchia antivegetativa, spesso si arriva a consumare il gelcoat, togliendo quel minimo di protezione che la vetroresina aveva inizialmente, favorendo l’inizio dell’osmosi, o aggravandolo s’è già colpito.

Spesso si vedono gli operai di cantieri che lavorano all’interno dei porticcioli o nei cantieri, eseguire la lisciatura della carena per il rifacimento dell’antivegetativa in questo modo, incuranti del danno apportato allo scafo.

Con quest’articolo vorrei sensibilizzare tutti quegli armatori che ancora non sanno il danno che può provocare l’asporto del gelcoat dallo scafo. Per tutti quelli che già l’hanno fatto, vorrei dare una parola di conforto informandoli che esiste un rimedio a tutto e che non richiede una grande professionalità per eseguirlo. Di questo parleremo più avanti.

Controlli professionali e…… fai da te

Quando uno scafo rimane sull’invaso per lungo tempo, l’unico sistema “certo” per verificare s’è colpito da osmosi, oggi è attraverso lo “SKINDER”, strumento elettronico in grado di misurare il tasso di umidità. Una carena perfettamente sana misura un grado di umidità uguale al 1 %, come nell’opera morta. In questo modo possiamo conoscere il processo d’invecchiamento con il grado di umidità relativa e se sia in continuo aumento. Non sempre con la presenza di umidità in carena siamo certi che si tratti di osmosi, invece la certezza l’avremo qualora vi sia la presenza di bolle piene di liquido.

Col secondo sistema, meno professionale, la barca deve essere solamente da qualche giorno fuori dall’acqua per poterla verificare, altrimenti si rischia di non scorgere bene le bolle. A questo punto diamo uno sguardo accurato all`opera viva, compreso il bulbo se questo è integrato, per verificare se col tempo si è formata qualche bolla di osmosi. Fare questo non è difficile.
Se la osserviamo mettendoci di lato riusciamo a scorgere anche la più piccola bolla ancora non esplosa, cioè, in superficie non c`è traccia di umidità.
Diversamente, troveremo una piccolissima goccia o la macchia di una appena asciugata. Questo vuol dire che sotto c`è di liquido. Una bolla di osmosi fa gonfiare la superficie del gelcoat, perciò sarà in rilievo e più è vecchia e più sarà in rilievo.

Può capitare in qualche punto di avere dei dubbi, allora prendiamo una punta d`acciaio molto affilata e proviamo a far pressione nel punto del dubbio. Se è un falso allarme (meglio così), la punta non intaccherà il gel coat, ma se sotto c`è la bolla, la vedremo affondare sotto la superficie e uscire immediatamente una goccia di liquido, a volte chiaro, fino ad arrivare a diventare marroncino con odore acetico e untuoso al tatto, dipende dallo stato di avanzamento dell`osmosi. Questo avviene perché in una bolla, il rivestimento dei filamenti di vetro, il cloruro di polivinile, si trasforma col processo osmotico in aceto di polivinile che ha un forte odore acetico.

A volte la carena può avere bolle visibili da lontano o comunque a occhio nudo, ma può essere solamente un difetto della vecchia dell’antivegetativa cioè, tra una mano e l’altra abbia inglobato umidità nell’esecuzione poco corretto del lavoro. In questo caso alla verifica con la punta d’acciaio, ma anche facendo pressione con l’unghia, la bolla si scoppierà e si vedrà sotto, un altro strato di antivegetativa, ma il gelcoat sottostante sarà intatto.

Una caratteristica tangibile di una bolla di osmosi è data dalla sua forma rotonda, perché la pressione osmotica all’interno è uguale in tutte le direzioni. In base alla grandezza delle bolle possiamo risalire all’età dell’osmosi. Questo significa che se abbiamo una bolla con un diametro di pochi millimetri, avremo di fronte un’osmosi molto giovane, viceversa se sarà di qualche centimetro, sarà piuttosto vecchia. Nelle bolle giovani vi sarà poca pressione e un liquido piuttosto chiaro, mentre man mano che invecchiano aumenterà la pressione interna e il liquido sarà sempre più scuro.

L’età dell’osmosi è un argomento importante quando si acquista una barca senza metterla in secca per verificarne lo stato. In questo caso ci si fida dell’apparente buona fede del venditore,  convince l’acquirente che la barca non soffre di osmosi. Quando si va ad alare la barca nella successiva manutenzione della carena, ci si trova davanti all’osmosi. In questi casi quasi sicuramente si finisce davanti ai giudici, perché il vecchio proprietario insisterà sull’inesistenza di osmosi al momento della vendita, mentre si renderà necessaria la perizia del perito che dovrà accertare se al momento dell’acquisto, l’osmosi era già in atto, che sarà determinato appunto dalla grandezza delle bolle e del colore del liquido in esame.

L’osmosi oggi

Credo che ormai siano chiare a tutti le cause che la generano, il modo per curarla, ma soprattutto come gli scafi non ancora infetti possano evitarla.

Nonostante questo, si continua a sentire in giro tanta gente che ancora ha dei dubbi e paura che la propria barca sia colpita in modo irreversibile. Purtroppo la causa credo sia nella disinformazione e distorsione della verità fatta da certi cantieri che vogliono, per disonestà, terrorizza l’armatore dicendo che può essere irreversibile, in questo modo pensano di accaparrarsi il lavoro e spesso, con armatori poco informati ci riescono.

Tutto dipenderà dall’esecuzione iniziale della stratificazione della vetroresina, più sarà compatta e meno umidità avrà assorbito, ossia, se l’ambiente in cui è stata realizzata era a umidità controllata, avremo sicuramente un prodotto con minor possibilità d’essere attaccata dall’osmosi.

Le nuove tecnologie hanno portato un grande progresso nella cantieristica navale. Ormai è diffusa la costruzione in ambienti controllati sia per l’umidità sia per la temperatura, ma soprattutto eseguendo la laminazione per infusione di resina creando il sottovuoto cioè, aspirando tutta l’aria contenuta nella capillarità della stratificazione del manufatto, attraverso la quale l’umidità è imprigionata. Questo sistema permette di risparmiare il 30% di peso rispetto al sistema tradizionale, conferendo alla barca una maggiore rigidità e robustezza, senza accumuli di resina, con una migliore distribuzione dei pesi, ed esente da bolle d’aria.

Oltre a quanto descritto sopra, vi è un altro fattore molto importante che ha contribuito a diminuire la formazione dell’osmosi nelle imbarcazioni oggi prodotte cioè, le resine. Con la diffusione della resina Isoftalica, avvenuta circa una diecina d’anni fa, il fenomeno dell’osmosi è quasi scomparso del tutto perché è più resistente al fenomeno d’infiltrazione dell’umidità.

Resina Isoftalica:

E’ una resina per la stratificazione, con indice di assorbimento d’acqua molto basso, buona flessibilità e ottima resistenza agli aggressivi chimici, usata per la costruzione d’imbarcazioni e manufatti destinati al riempimento o all’immersione, come serbatoi d’acqua, rivestimenti anticorrosivi di vasche, ecc. Ha una grande flessibilità superando così la resina ortoftalica. È impiegata per la realizzazione di manufatti in cui è richiesta la particolarità sopra citata come balestre, sospensioni elastiche, stecche per vele, carenature per il mercato automobilistico e motociclistico, ecc. Viene usata anche per lavorazioni in trasparenza rimanendo esternamente molto liscia e lucida.

E’ largamente usata per la composizione del gelcoat (gelcoat isoftalico) per ottenere un prodotto con elavate caratteristiche fisico-chimiche, ottime proprietà meccaniche, grande resistenza agli agenti atmosferici, raggi U.V. ecc. Garantisce ottima impermeabilità alla vetroresina. Per tutte queste caratteristiche ha ottenuto l’omologazione RINA e la certificazione della LLOYD’S REGISTER OF SHIPPING nella costruzione d’imbarcazioni da diporto. Inoltre è stato omologato per la realizzazione di manufatti per alimenti, come serbatoi per liquidi, celle frigo e furgonature.

Gelcoat neopentilico:

Rappresenta il massimo dei gelcoat poliestere, usato dalla cantieristica industriale per imbarcazioni da 10 a 30 metri. Garantisce il massimo della resistenza ai raggi UV, brillantezza e assenza di processi d’ingiallimento per molti anni; la perfetta impermeabilità dello scafo e coperta, altissima resistenza chimica.

Come curare l’osmosi:       

Su quest’argomento c’è tanto da dire, e non tutti saranno d’accordo con i miei punti di vista sugli interventi da fare. Vi sono vari modi, o meglio, si possono fare interventi mirati, quando è accertato che l’osmosi è poco estesa e concentra in zone limitate, ossia, che il resto dello scafo sia integro da contagio. Altri, (rari), quando la parte malata, sempre concentrata in una zona, abbia colpito la stratificazione più profondamente. Infine la più drammatica, quella con osmosi diffusa in tutto lo scafo, in cui si ha bisogno dell’asportazione completa del gelcoat, a volte anche diversi strati di mat sottostanti, per un perfetto risanamento.

Esaminiamoli uno per volta in modo da non creare equivoci per l’intervento da eseguire.

Prima parte

 
 
 
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